La cosmogonia andina, ancorata a secoli di saggezza mistica, percepisce l'universo come un sacro equilibrio tra le forze naturali, gli spiriti degli antenati e l'interconnessione di tutta la vita. Prima dell’invasione spagnola, i popoli andini – in particolare i Quechua e gli Aymara – onoravano la Terra, Pachamama, come una divinità vivente, custode dell’energia creativa.

Questa visione si basa su tre livelli cosmici: l'Hanan Pasha (mondo spirituale superiore), il Kay Pasha (mondo visibile degli umani) e l'Ukhu Pasha (mondo interiore degli antenati e dei misteri). Questi tre piani, legati da principi di reciprocità e rispetto, si incarnano in rituali e cerimonie in cui la natura e il divino si incontrano. Le montagne sacre, o Apus, erano venerate come protettrici e messaggere tra questi mondi.

In questa tradizione, ogni atto rituale – che si tratti di offerte a Pachamama, riti agricoli o cerimonie di guarigione – serviva a preservare l’armonia universale. Le piante sacre, come il San Pedro e l'ayahuasca, aprirono le porte spirituali, consentendo ai curanderos di ricevere guida e insegnamenti per la comunità.

Pertanto, la cosmogonia andina è molto più di un insieme di miti: è uno stile di vita in cui l'esistenza umana, la natura e il sacro si intrecciano in una rete di interdipendenza, preservando l'equilibrio della vita e del cosmo.